Nonostante quanto si possa pensare, il calcio moderno in fatto di abbonamenti allo stadio segue pedissequamente la politica adottata oltre 35 anni fa dall’allora presidente del Milan, Giussy Farina (soprannominato Rovina dai sostenitori del diavolo).

Il “dogma” imperante è la chiusura della campagna abbonamenti non appena si raggiunga una determinata quota precedentemente stabilita.
L’ Inter Fc, raggiunte le 40 mila tessere vendute, termina la vendita, con tanto di iscrizione alle liste di attesa per la stagione 2020/21, per coloro che non hanno sono riusciti a sottoscrivere l’ abbonamento(la società nerazzurra è  evidentemente, in possesso dei più sofisticati strumenti di previsione del futuro, che nemmeno i più importanti economisti e politici mondiali posseggono).
L’AC Milan, dai dati finora comunicati, sarebbero circa 30 mila le tessere vendute.
Un numero che rappresenta il 50%, grosso modo, della capienza totale dei due anelli dello stadio di S.Siro (Primo e Secondo) acquistabili in abbonamento, escludendo il Terzo anello (da anni non disponibile per i tesseramenti stagionali) che porta l’impianto milanese ad un totale di oltre 75 mila spettatori.
Nonostante ciò, se un tifoso rossonero volesse acquistare una tessera, in questi giorni postferragostani, avrebbe un’esigua scelta, visto che solo pochi “seggiolini” sono ancora disponibili, con interi settori senza posti liberi.
Posti, che, successivamente e “sorprendentemente”, diventano acquistabili, per le singole gare del campionato con l’applicazione di diverse tipologie di prezzo a seconda dell’importanza della partita.
La Juventus Fc ha totalizzato 27 mila abbonamenti, con una lieve flessione rispetto lo scorso anno (erano 29 mila).
Sul sito ufficiale della società, con sede alla Continassa, da diversi giorni viene comunicato che la campagna abbonamenti è conclusa con buona pace per chi vorrebbe abbonarsi e seguire dagli spalti dello Stadium le gesta di CR7 e compagni.
Il J Stadium (pardon l’Allianz , dicitura ufficiale, per l’impianto bianconero grazie alla cifra elargita dal munifico sponsor per affiggere il proprio nome e marchio) sarà occupato dai tesserati per un 75% visto che la capienza totale è poco più di 40 mila posti.
Cambiano le percentuali dei posti disponibili, ma le scelte del marketing delle maggiori squadre di serie A, sono identiche.
Del resto la “fame” di introiti è enorme e la passione dei tifosi deve essere immolata sull’altare del mega business del calcio di oggi.
Meno abbonamenti, maggiori biglietti singoli vendibili e quindi maggiori guadagni.
In sostanza, per gli eroici tifosi “da stadio” la vita si fa sempre più dura.
Orari impossibili delle gare, abbonamenti a numero chiuso, prezzi dei singoli tagliandi più consoni ad una “Prima alla Scala”.
Come sono lontani (non solo cronologicamente) i periodi degli stadi esauriti quasi totalmente in abbonamento.
I 71 mila milanisti abbonati nella stagione 1992/93; i 65 mila abbonati al San Paolo di Napoli nella stagione 1987/88 (quella post primo scudetto), i 70 mila nella stagione dell’acquisto di Savoldi; i 47 mila abbonati interisti nella stagione 1997/98 (ci fu l’arrivo di Ronaldo).
E come è lontana la Bundesliga, la seria A tedesca, dove il prezzo degli abbonamenti è decisamente inferiore rispetta alla nostra massima serie (sia per le tessere meno care sia per i posti vip; Borussia Dortmund 900 euro il prezzo max e 77 euro prezzo minimo praticato dal Bayern), nessuna chiusura anticipata del tesseramento e  orari “decenti” delle partite per agevolare i propri tifosi.
Quanto potrà durare questa politica delle nostre società, dedita solo alla più cinica contabilità monetaria ?
Presagi non rosei si stagliano all’orizzonte.
Un esempio attuale è la diatriba, ormai annosa, tra i gruppi ultrà del Napoli e il presidente De Laurentis.
Le frange più calde del tifo partenopeo accusano il massimo dirigente di avere una visione anaffettiva e affaristica del calcio.
Uno scontro che ha prodotto il record negativo delle tessere sottoscritte (quest’anno solo 8 mila) e un S.Paolo spesso deserto.
Non ci sarà da stupirsi se molte altre tifoserie produrranno un “rigetto” nei confronti della trasformazione della passione in fidelizzazione atta al maggior profitto.
Una politica societaria, ormai desueta, viste le nuove tendenze seguite delle maggiori aziende multinazionali non più indirizzate al solo profitto, ma a creare un maggior valore nel rispetto del cliente, dell’ impatto ecologico, delle condizioni dignitose dei dipendenti.
Massimo Puricelli
Castellanza(VA)