[dropcap]A[/dropcap]nche questa tornata elettorale è passata, e con essa ci siamo sorbiti tutto il rituale di previsioni, sondaggi, proiezioni, commenti e stravolgimenti di percentuali, tesi a dimostrare tutto e il contrario di tutto.

Non mi interesso di politica, per cui non mi emoziono davanti ad alcun risultato, ma ce n’è uno di questi numeri che da due giorni mi passano davanti agli occhi, che proprio non riesco a digerire: la percentuale di chi non si è recato ai seggi, che ha sfiorato quota 39. In uno dei tanti commenti che ho avuto modo di sentire, tra radio e tv, si diceva che le cose sono andate meglio del previsto, perché non c’era stato il temuto crollo dei votanti, ma se ne era perso solo il 5,5% rispetto alla precedente tornata.

Sorvolando sull’errore del commentatore, che ha confuso la percentuale con i punti percentuali, c’è da chiedersi se la perdita di circa 700mila elettori, in aggiunta a quelli già persi nelle tornate precedenti, possa essere considerata come una mezza consolazione.

Personalmente vengo da una delle generazioni in cui la partecipazione al voto era obbligatoria e la mancata presenza al seggio doveva essere giustificata al prefetto, sotto pena di iscrizione nel certificato penale della annotazione “Non ha votato”. Da questo però mi è rimasta la concezione del voto non solo come diritto, ma anche come dovere, per cui non mi sogno neanche lontanamente di disertare il seggio, indipendentemente dal comportamento da tenere nella cabina.

Intendiamoci, una assenza frizionale attorno al 10% era normale anche negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Anziani, malati, assenti per lavoro e impossibilitati a tornare, militari (allora c’era il servizio di leva obbligatorio), oltre a qualche anarchico (ce n’erano anche allora) facevano parte di questa percentuale di “elettori non praticanti”. Certo però tra il 10 e il 40% c’è una certa differenza!

Come ho detto prima, considero il voto un dovere, ma considero anche che chi si astiene volontariamente da questo dovere perda automaticamente un altro diritto: quello di critica. Non si può ignorare uno strumento importante come un’elezione, per lasciarsi poi andare a delle critiche (molto personali e spesso infondate). È vero che, a parere mio e non solo mio, siamo governati ed amministrati da incompetenti, ma in realtà noi siamo governati ed amministrati da coloro che si sono presentati alle elezioni democratiche, sono entrati nelle liste dei candidati e hanno raccolto i voti per essere eletti. E saranno eletti anche con pochi voti, perché la democrazia non in questi casi non prevede dei minimi di partecipazione. Quel concetto di democrazia che evidentemente manca in chi diserta le urne.

[dropcap]S[/dropcap]tiamo andando verso una nuova tornata, questa volta di ballottaggio, in molti comuni italiani, e questa volta è facile prevedere un nuovo scivolone, dovuto al fatto che questa volta si tratta di due soli candidati e chi non li vuole si andrà ad aggiungere a chi si è già astenuto l’altro ieri. Ma è proprio così difficile recarsi al seggio e magari lasciare la scheda bianca? Non foss’altro, facciamolo almeno per rispetto di coloro che dentro al seggio sono chiamati a svolgere la funzione di scrutatore, e che deve rimanere al suo posto anche in assenza di elettori.

Alessandro Fabbri