Nonostante la cronaca quotidiana ci racconta e ci informa di numerosi episodi di cosiddetta microcriminalità (rapine, furti, aggressioni, scippi, violenze private) che colpiscono chiunque abbia la disavventura di incontrare nelle vie e nelle piazze di Milano decine di criminali pronti a tutto pur di accaparrarsi un bottino costituito da soldi, orologi, e oggetti di più o meno valore (talvolta, soprattutto di valore affettivo), il sindaco Beppe Sala ritiene che sia solamente una campagna mediatica di natura politica, orchestrata, galle opposizioni, per attaccare la Giunta comunale e il Primo cittadino.

“Una campagna mediatica”, come la definisce “Mister Expo”, che ha avuto il suo apice, allorché gli atti predatori sono stati perpetrati ai danni di personaggi famosi dello spettacolo (Flavio Briatore vittima del furto dello zainetto), dello sport (Carlos Sainz pilota Ferrari vittima dello scippo di un orologio del valore di 500 mila euro), della televisione (Elenoire Casalegno inseguita e aggredita da uno squilibrato), del cinema (Carlo Verdone aggredito vicino la stazione centrale da un uomo armato di una bottiglia), che abitano o frequentano la città meneghina. Clamore mediatico o triste realtà? Alla domanda si potrebbe rispondere che entrambe le opzioni antitetiche sono lo specchio di una città “massmediale, fashion, cosmopolita” e conseguentemente “insicura”.

I dati statistici, del Viminale e riportati dal quotidiano “Il sole 24 ore”, ci mostrano come Milano è considerata maglia nera per il maggior numero in percentuale al numero di abitanti, di reati, quali scippi, rapine, furti. Del resto, come direbbe Ugo Nardi “il mago del motore” nel film cult “L’audace colpo dei soliti ignoti” (alias Nino Manfredi) “…e certo città ricca, hanno i mezzi…”. E Milano è una città ricca e ci sono “i mezzi” (il denaro, gli oggetti di lusso, le ricchezze) i VIP, la moda, le sedi delle maggiori multinazionali.

La créme del jet-set internazionale risiede, frequenta, la metropoli lombarda, sempre più cosmopolita e “cool” . Ma di questa ricchezza e della sua attrattiva per delinquenti autoctoni e, soprattutto, allogeni, e sbandati di tutte le origini, ne fanno le spese anche i cittadini più comuni che possiedono un reddito e un ménage mensile notevolmente minore dei super benestanti che risiedono nelle zone centrali ed esclusive del “Bosco Verticale”, del “Quadrilatero della moda” o dei grattacieli del “quartiere Garibaldi” della piazza Gae Aulenti o delle residenti verdeggianti come città Studi, le strade adiacenti il Galoppatoio, il defunto Trotter.

La città “fashion”, ricca, luccicante, si è espansa sempre più nel corso degli ultimi 15 anni. E’ una metropoli in stile New York, Parigi, Londra dove, chi non percepisce un reddito elevato viene inevitabilmente “esautorato”, escluso.
E’ la gentrificazione della città. Un anglicismo, alquanto brutto, gentrificazione (da “gentrification”- borghesizzazione) descrive in maniera esatta e chiara la trasformazione di interi quartieri popolari e semi popolari in esclusive zone di palazzi ristrutturati o, di nuova costruzione, con appartamenti lussuosi di elevato valore immobiliare e costosissimi. Milano non è più una città inclusiva, ma “esclusiva”, con gli inevitabili problemi che tali metropoli internazionali generano.
Meno morti ammazzati (la criminalità organizzata non ammazza più nelle strade, si dedica alle attività meno cruenti e più redditizie, e non c’è più il terrorismo rosso o nero), ma più reati predatori, ovviamente.
Una città non più caratterizzata dei quartieri, delle tradizioni, della milanesità, della socializzazione. Una metropoli innovativa, futurista, che vuole essere “super green” con chilometri di piste ciclabili (seppur pericolosissime per gli stessi ciclisti) e super costosa ed “esclusiva” (ecco Area C con il ticket a 7,50 per accedere in centro città con gli autoveicoli, se non elettrici).
Ma non solo. Milano ha abiurato anche il detto popolare, “Milano per grandezza e Torino per bellezza”, perchè ha cancellato il suo aspetto giansenista e sfoggia la sua livrea più appariscente, trasformata in meta turistica ambita (da gennaio a settembre 2023, oltre 6,3 milioni di turisti). E così, una miriade di appartamenti sono stati trasformati in B&B. Gli affitti sono sempre più cari, e la parte “debole” della società viene espulsa dal contesto urbano meneghino. Operai, studenti fuori sede, lavoratori precari, impiegati con salari medio bassi non possono più abitare a Milano.
Una trasformazione epocale, che il sindaco Sala e il suo collega precedente, Pisapia, hanno coltivato, voluto, realizzata; anche se, talvolta la loro ideologia progressista e sociale cerca di mascherare mostrando ancora il loro lato “proletario” e “solidale” come l’ assegnazione dell’Ambrogino d’oro alla studentessa, Ilaria Lamera, protagonista della protesta “delle tende” contro il caro affitti. Piccolezze ataviche, nel mare magnum della nuova città modaiola e turistica dove tradizioni e socialità sono stati immolati sull’altare del business globalista. Per alcuni, soprattutto gli elettori di Sala e dalla sua giunta, un miglioramento, per altri, per gli esclusi, un decadimento edonistico.
I latini affermerebbero: de gustibus… Si può, però affermare, che la Milano, di “…Milan-Benfica, Milano che fatica…”, (Cit. Lucio Dalla) o della Milano da bere, o di Renato Pozzetto del film Mani di fata con attico in Via Turati, o del film “Il Ragazzo di Campagna”, dove Artemio percorreva con il suo trattore le vie del centro, non esiste più e con lei anche quella Milano rinata dalle macerie della guerra (macerie che hanno generato il Monte Stella di S.Siro”) certamente frenetica, con il culto del lavoro (del resto “chi volta el cùu a Milan, il volta al pan”), ma più a misura d’uomo, non c’è più èerchè oggi è virtual/digitale/cosmopolita. Milano, lo specchio di quella società liquida post “Muro di Berlino”(come descritta dal sociologo Bauman) e anche signorile di massa (Ricolfi docet) in cui i valori, riferimenti sociali e ideali sono relegati in minuscole particelle ormai poco tollerate e poco visibili. Milano simbolo dei diritti sociali, di democrazia, di identità e di tradizioni culturali, frutto di sacrifici e di capacità con un rapporto simbiotico tra imprenditoria, territorio, collaboratori, e imprescindibili tutele sociali e previdenziali, è solamente un ricordo.
Oggi, una città “spersonalizzata” di un mondo sempre più virtuale, appariscente, ed etereo. E’ la direzione incontrovertibile? Mala tempora currunt…

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Massimo Puricelli
Castellanza (VA)