Manifestazione di protesta e scontri con le forze dell’ordine da parte degli imprenditori cinesi a Sesto Fiorentino a seguito di alcuni controlli da parte dell’ispettorato del lavoro e della Guardia di Finanza nei numerosi capannoni disseminati nell’area industriale del comune dell’ Hinterland fiorentino.
Una zona dove la presenza delle attività cinesi raggiunge percentuali elevatissime tanto da trasformare quelle zone in “piccole Canton”.
Una situazione annosa dove le condizioni lavorative e la sicurezza sui luoghi di lavoro sono una chimera.
Lavoratori e le loro famiglie stipati in pochi metri quadri dove svolgono lavori alienanti, ripetitivi e usuranti per decine di ore al giorno al buio di capannoni malsani e sporchi dove sono alloggiati anche i giacigli dove questi “nuovi schiavi” si riposano per poche ore e dove si alimentano in condizioni igieniche sanitarie da “terzo mondo”.
Ovviamente, oltre alle mancanza di rispetto delle norme igieniche e lavorative si riscontrano numerosi illeciti fiscali con società “fantasma” che cambiano ragione sociale per eludere il fisco e non pagare alcuna tassazione.
Una situazione che mi provoca una ripugnanza e un ribrezzo soprattutto a seguito di quanto è accaduto mercoledì sera e giovedì mattina.
O meglio, non solo per quello che è capitato nelle strade della cittadina toscana e davanti al palazzo di Giustizia di Firenze, ma anche per quanto non “è accaduto” da mesi e anni.
Prato e le città limitrofe sono diventate zone franche dove il controllo del territorio è totalmente in mano alla popolazione asiatica che ha approntato anche “addetti” alla pubblica sicurezza con tanto di spedizioni punitive nei confronti di persone di altre etnie autori di reati o intenti a “disturbare” i loro floridi traffici e affari (proprio ieri la questura di Prato ha effettuato alcuni arresti tra i quali figurano anche persone che parteciparono alla manifestazione di mercoledì).
Organizzazioni e metodi tipici delle nostre associazioni criminali di stampo mafioso (come se non fossero sufficienti i nostri delinquenti autoctoni).
Ma non è solo la provincia fiorentina ad essere ormai colonizzata dalle attività irregolari di imprenditori stranieri che ormai hanno invaso intere zone d’Italia. 
In ogni città d’arte, di villeggiatura e non solo, vi è una vera e propria “invasione” di ambulanti abusivi che occupano il suolo pubblico con la loro merce contraffatta senza alcun timore di sanzioni e sequestri (sanzioni e ammende che non saranno mai pagate).
Quello della contraffazione è un mercato con un giro d’affari che supera i 5 miliardi di euro annui, con un evasione di imposte che si aggira attorno il miliardo.
Un giro d’affari che non viene stroncato anche perchè sussiste un’ atavica abulia del popolo italiano.
“Un’abulia” che concerne diversi comportamenti dei cittadini-consumatori italiani.
Attratti dal prezzo favorevole viene acquistato ogni genere di prodotto contraffatto, e chi se ne frega se l’oggetto dura pochi giorni, è tossico e nocivo per la salute, e distrugge il commercio regolare.
Chi se ne frega se i prodotti provengono da attività imprenditoriali dove i “padroni” trattano i lavoratori come schiavi senza alcuna regola inerente alla sicurezza e alla salubrità dei luoghi di lavoro.
Chi se ne frega se non vengono versate le imposte, che oltre a creare un danno all’Erario (siamo sempre, giustamente, pronti a stracciarci le vesti per episodi di corruzione ed evasione da parte di cittadini italiani) distorcono totalmente il mercato andando a creare una concorrenza sleale e a far cessare decine di attività imprenditoriali che rispettano la legge e pagano le tasse e distruggendo migliaia di posti di lavoro.
Chi se ne frega di allertare le forze dell’ordine se veniamo a conoscenza di questo genere di imprese o di ambulanti, “tanto non gli fanno nulla e domani sono ancora al loro posto, e poi abbiamo paura di ritorsioni….” così si pronunciavano commercianti e cittadini per le vie di Roma intervistati pochi giorni fa.
Chi se ne frega se centinaia di cinesi assaltano le forze dell’ordine, protestano davanti ad un palazzo di giustizia dove alcuni loro connazionali saranno giudicati “in nome del popolo Italiano” per i reati compiuti.
Ecco, cosa mi deprime e mi ripugna maggiormente, la nostra “abulia”, il nostro menefreghismo, il nostro “laisser faire”, il nostro lamento solo sui social-network (mi aggiungo anche io “all’antinferno dantesco” dove sono posti gli ignavi).
Non un moto di protesta, non una manifestazione per dire basta a queste prevaricazioni, per affermare la ferma e decisa volontà che la legge venga rispettata soprattutto da parte di chi è ospite nel nostro Paese.
Di malandrini (uso un termine politicamente corretto) italici ne abbiamo fin troppi e hanno potuto “ingrassarsi” perchè il senso dello Stato e il senso civico sono valori alquanto latenti nel popolo italico.
Almeno un poco di spirito patriottico e di difesa dei nostri valori dovrebbero indurci a manifestare concretamente contro i nuovi e stranieri “malandrini”, contro coloro che stanno erodendo la nostra economia e il nostro futuro.
Massimo Puricelli
Castellanza(VA)