Siamo in un Paese in cui qualsi- asi iniziativa venga assunta dal governo, centrale o locale poco importa, viene immediatamente contestata dal solito comitato ad hoc, che mette in campo perizie e contro perizie, tecniche o econo- miche, atte a dimostrare che si è trattato di una scelta sbagliata e, come il matrimonio dei promessi sposi, non s’ha da fare, né doma- ni, né mai.

È stato così per il sito di stoc- caggio dei rifiuti radioattivi in Basilicata, è stato così per i ter- movalorizzatori e per gli impianti di rigassificazione, è così per gli impianti per l’incenerimento dei rifiuti, è così per i ripetitori di se- gnale sia televisivo che telefonico, è così per il ponte sullo stretto di Messina e per l’alta velocità, è così per le trivellazioni in mare alla ri- cerca di quelle risorse naturali di cui siamo pesantemente carenti.

Per molte di queste iniziative gli americani hanno coniato una fra- se molto esplicativa: “Not in my Back Yard!” (non nel mio cor- tile), sintetizzata nell’acronimo NIMBY, che ben esprime il senso civico di molti italiani. Con NIM- BY si indica un atteggiamento che si riscontra nelle proteste contro

opere di interesse pubblico che hanno, o si teme possano ave- re, effetti negativi sui territori in cui verranno costruite, come ad esempio grandi vie di comunica- zione, cave, sviluppi insediativi o industriali, termovalorizzatori, discariche, depositi di sostanze pericolose, centrali elettriche e si- mili. L’atteggiamento consiste nel riconoscere come necessari, o co- munque possibili, gli oggetti del contendere ma, contemporanea- mente, nel non volerli nel proprio territorio a causa delle eventuali controindicazioni sull’ambiente locale.

Nessuno vuole discariche, cen- trali elettriche, inceneritori etc. In Campania l’emergenza rifiuti diventa sempre più drammatica, nonostante la nomina di un appo- sito commissario. E la Campania è soltanto il caso più eclatante!

A Rovigo, in Adriatico, al largo di Porto Levante, è stato realizzato un rigassificatore, unico al mondo in mezzo al mare, che tratta il 10% del fabbisogno italiano di gas na- turale. È costato quattro volte di più e rende circa il 25% in meno, ma tutti sono stati contenti di non averlo vicino a casa, tutti, natu- ralmente, meno i pescatori della zona, che lamentano la progres- siva diminuzione del pesce. Senza pensare che quella ingente spesa viene pagata pro quota da tutti noi, o per lo meno da tutti coloro che pagano le tasse.

Quando, nel periodo più freddo dell’inverno scorso, si è paventata l’ipotesi di riduzione dei riforni- menti di gas dalla Russia, c’è stata grande preoccupazione per la no- stra dipendenza totale dall’estero per le nostre fonti di approvvigio- namento energetico. Ma quando all’estero (leggi: Russia, Algeria o altri) hanno problemi interni di qualsiasi tipo, prima –e giusta- mente- pensano a sé stessi, e poi ai loro clienti. Per rendersi autono- mi sarebbero necessari altri dieci rigassificatori come quello di Ro- vigo, magari sulla terra; ma nessu- no li vuole, almeno nella propria zona, tanto qualcun altro ci pen- serà. Lo stesso discorso vale per i ripetitori di segnale, in particolare quello di telefonia cellulare. Tutti ci alteriamo se il telefonino non riceve o se non riusciamo a vedere in televisione il programma che ci interessa, ma se nel nostro quar- tiere dovesse spuntare un traliccio su cui montare dei ripetitori, la reazione negativa sarebbe corale.

Ora, di fronte a questa alluvione di No (ne abbiamo citato solo al- cuni ma l’elenco è lunghissimo) c’è da chiedersi: possibile che tut- te le volte che una amministrazio- ne, locale o centrale, prende una decisione, questa debba essere sbagliata e debba suscitare prote- ste e reazioni negative. Possibile che tutti gli amministratori deb- bano essere degli incompetenti incapaci e che in nessun caso ci possa essere il beneficio del dub- bio. È vero che siamo il paese dei 50 milioni di commissari tecnici della nazionale, ma è difficile pen- sare che siamo anche il paese dei 50 milioni di esperti tuttologi.

 ALESSANDRO FABBRI