E’ certo che le più importanti multinazionali hanno predisposto un’accattivante politica di marketing e comunicazione.
Del resto se si raggiungo certi traguardi, molto dipende da quelle strategie.
Amazon la multinazionale statunitense con sede centrale a Seattle leader mondiale dell’e-commerce, ha totalizzato nel terzo trimestre del 2017, 256 milioni di dollari di utile, nonostante un investimento di oltre 14 miliardi.
Nello stesso periodo, balzo all’insù delle vendite: oltre il 30% (60, 5 miliardi).
Un risultato frutto della politica adottata per rendere sempre più conveniente l’acquisto dei prodotti del foltissimo catalogo on line e indurre i consumatori ad abbandonare i negozi reali e a spendere i propri soldi quasi unicamente rivolgendosi all’azienda del “sorriso” digitale.
Trend positivo anche per la raccolta pubblicitaria (24 miliardi).
In sintesi, il colosso americano non sembra avere ostacoli nella sua crescita economica e di mercato.
Una realtà figlia della globalizzazione, del libero mercato post 1995 con l’istituzione del WTO (l’organizzazione mondiale del commercio) della libera circolazione delle merci worldwide.
Un neo-liberismo globalista finanziario che ha anche provocato la crisi del 2008 con le conseguenze che tutti conoscono e che stanno subendo ancora oggi a distanza di quasi 10 anni.
Una crisi che ha distrutto il futuro di intere generazioni e che ha sovvertito i valori e i diritti dell’intero Pianeta.
Già, perchè davanti ai dati economici di queste multinazionali alcune notizie che si percepiscono quasi in sordina, sembrano solo il flebile ronzio di una minuscola zanzara.
Nella sede italiana di Amazon (Castel S.Giovanni-PC) da mesi è in corso una vertenza sindacale per le condizioni lavorative.
La maggior parte dei lavoratori non “resistono” più di 4/5 anni, “perchè l’azienda ti spreme fino a quando le servi”; queste le parole di un anonimo dipendente che ha incrociato le braccia durante lo sciopero del “black friday” lo scorso 23 novembre.
Da quanto trapela, la situazione all’interno del mega centro di 70 mila metri quadri sulle rive del Po, sarebbe insostenibile.
Ogni singolo movimento dei dipendenti è monitorato “dal grande fratello aziendale” attraverso lo scanner personale da cui si possono calcolare i tempi lavorativi; se non sono adeguati”agli standard” previsti (meglio dire, imposti) dall’azienda, il dipendente “bradipo” viene affiancato da un supervisore che detterà la velocità di esecuzione preposta.
Ma non è tutto; non viene prevista la rotazione delle mansioni in caso di malattia temporanea o professionale; i turni più disagiati e pesanti sono continui anche per 6 giorni la settimana senza il pagamento di straordinari; in queste condizioni sarebbe avvenuto un aumento degli infortuni di cui l’azienda ha negato fermamente, aggiungendo che nell’ultimo anno ha investito 90 mila euro per la sicurezza e la formazione aziendale.
Capito bene ?
90 mila euro a fronte di un utile nell’ultimo trimestre di 256 milioni !
Proprio in ragione di queste richieste e a seguito delle proteste dei lavoratori, il Governo aveva indetto un tavolo di trattative al quale l’azienda non si è mai presentata, oltre ad impedire anche l’ingresso dei rappresentanti sindacali alle assemblee concordate tempo prima (sono dovute intervenire le forze dell’ordine per garantirne l’accesso), così come l’assenza all’incontro fissato in Prefettura.
Una situazione, purtroppo, molto comune in tante realtà lavorative dove le multinazionali hanno spregio dei diritti dei lavoratori.
Un comportamento che è figlio della distruzione dei valori e dei diritti conquistati nel secolo scorso e che sono stati immolati sull’altare della globalizzazione e della mondializzazione senza freni.
Un trend che molti non conoscono perchè l’immagine di certe realtà è edulcorata dai messaggi pubblicitari che vengono trasmessi costantemente attraverso i maggiori canali di comunicazione di massa che inculcano nella mente delle persone una visione idilliaca di quel mondo.
Sì, perchè, Amazon è un’ azienda attenta ai “reali e urgenti bisogni” della popolazione mondiale, dei suoi affezionati clienti (fidelizzati sempre più).
“Grazie Amazon, che hai permesso a mia figlia di non sentirsi più “diversa” rispetto ai suoi compagni di classe dopo che ho acquistato (on-line sul tuo sito, ma non poteva recarsi in una qualunque cartoleria della sua città ? Aggiungerei e sottolineerei) le forbici per bambini “mancini”. Ora è più sicura e contenta perchè riesce a svolgere adeguatamente i compiti assegnati dalla maestra”.
Così recita lo spot pubblicitario della multinazionale dell’e-commerce.
In buona sostanza, un mondo da fiaba, dove tutti vivono felicemente; un mondo dove i problemi non esistono e se dovesse sorgere qualche piccola complicazione, qualche piccolo grattacapo, nessuna paura c’è Amazon che risolve, basta un click e una carta di credito.
Una carta di credito, soprattutto.
Una carta di credito, però, che non la si possiede se non si ha un lavoro, o se le condizioni lavorative sono schiavizzanti, massacranti che provocano malattie e depressioni.
Comunque anche per queste bazzecole, ecco la soluzione pronta all’uso.
Nuova forza lavoro predisposta a sostituire i “lavativi”, i “cagionevoli di salute”, i “lamentosi”, i “pretenziosi”.
Da chi è composta.
Ma è ovvio, dai rifugiati (o sedicenti tali)  “forniti” alle multinazionali 4.0 dalle meravigliose, solidali cooperative che usufruiranno degli sgravi fiscali stabiliti dal Governo italico ormai prossimo a lasciare Palazzo Chigi, che verranno applicati se i nuovi lavoratori saranno a tempo indeterminato.
Un lavoro a tempo indeterminato che diverrà determinato, non appena anche i nuovi “collaboratori” saranno spremuti come un limone e gettati nel cestino dell’umido della raccolta differenziata.
 
Massimo Puricelli
Castellanza(VA)