Ruoli che si scambiano, nuovi percorsi per creare una rete di sostegno alla genitorialità, stimoli mirati per rivisitare se stessi e comprendere meglio gli altri. Questi sono solo alcuni spunti di riflessione dopo aver incontrato la dott.ssa Silvia Russo, psicologa psicoterapeuta esperta in gruppi, che nell’ambito del suo lavoro come consulente presso i servizi sociale, ha curato il progetto e la regia del docufilm “Piacere di Conoscermi”.
Il mediometraggio (durata 30 minuti), a cura del Servizio Sociale del Comune di Paderno Dugnano, sarà presentato al pubblico sabato 10 Maggio alle ore 21 presso l’Auditorium Tilane (piazza della Divina Commedia, 3 Paderno Dugnano) e lunedì 12 Maggio alle ore 9 per gli operatori del settore.
Può in poche parole raccontarci la genesi del progetto e gli strumenti utilizzati?
“Questo lavoro nasce come progetto di sostegno a nuclei familiari seguite dai Servizi Sociali del Comune di Paderno Dugnano. L’obiettivo principale è stato quello di attivare processi trasformativi nelle complesse dinamiche conflittuali connotanti i rapporti genitore –figlio al fine di favorire nuove possibilità di comunicazione e di esperienza di sé in relazione all’altro.
Gli strumenti di lavoro scelti per attivare questo processo sono stati, per una prima parte attività esperienziale e di teatro sociale, e successivamente laboratori di narrazione e scrittura delle storie dei partecipanti finalizzati alla produzione di un film che le interpretasse.
E’ stato un processo in continua trasformazione che si plasmava giorno dopo giorno sulle dinamiche del gruppo affinché ognuno, nel rispetto dei propri tempi, potesse contribuire alla narrazione “.
Come si articola la trama del docufilm e chi ha collaborato alla realizzazione dello stesso?
“Un gruppo di genitori e figli si incontrano con una psicologa che li aiuterà a raccontarsi, a ritrovarsi, e a cercare un nuovo modo di comunicare le proprie storie. Lo sguardo narrante è quello di Germana, una ragazza in cerca di famiglia, che racconterà di sé attraverso le storie degli altri. Il gruppo racconta, lei interpreta, crea e trasforma. Il suo sguardo interno è la voce narrante: il film. Otto personaggi sono stati ripresi mentre svolgevano le attività esperienziali, narravano i diversi vissuti e recitavano i personaggi scelti, con il contributo gratuito di Fabio Nastasi film maker e Francesca Nicoli, psicologa esperta di teatro sociale.
La protagonista, Germana, si svelerà a se stessa, al gruppo e al pubblico solo nel tempo, man mano che sentirà sue le storie narrate dagli altri attivando una metamorfosi che la aiuterà a passare da oggetto a soggetto della propria storia.
La “sala mostre” della Biblioteca Tilane di Paderno Dugnano che ci ha ospitato per realizzare il progetto è stato il luogo che ha accolto le famiglie per aiutarle a realizzare un nuovo viaggio. “
Il “gruppo” diventa protagonista e supera la condizione di “singolo” in modo quasi catartico?
“La condivisione di gruppo attiva di per sé dei processi di identificazione e di sostegno reciproco tra i partecipanti accelerando dei meccanismi trasformativi. Lo scambio che i partecipanti hanno attivato portando diverse modalità di relazione, ha favorito la riflessione e la possibilità di individuare, anche con l’aiuto dei conduttori, comportamenti maggiormente consoni e sintonici alle singole famiglie. Esplorando i propri vissuti, e la relazione con l’altro all’interno di un luogo protetto, genitori e figli insieme hanno condiviso e rivisitato la propria storia con il gruppo attivando successivamente nuovi pensieri su di sé e nuove risposte interpersonali.”
Non si può svelare troppo ma se volessimo evidenziare un aspetto quale vorrebbe evidenziare?
“Lavorare attraverso attività esperienziali, significa muoversi dal registro concreto del fare e del sentire al registro simbolico, dall’emozionale al razionale, dall’io al noi, dall’emisfero cerebrale destro al sinistro, permettendo un lavoro d’integrazione che è alla base dell’integrità psicofisica dell’individuo. “Giocare” insieme, mettendosi reciprocamente e realmente nei “panni” dell’altro, utilizzando linguaggi comuni crea uno spazio dove il fare insieme sia possibilità per ricostruire, riconoscersi e ri-significare la propria storia : la possibilità di essere soggetto del proprio progetto di crescita e non assoggettato alle proprie matrici familiari e istituzionali. “
Monica Basile