Esperti riuniti presso il Policlinico Tor Vergata per una giornata di aggiornamento sulla corretta gestione del paziente obeso grave. Un intervento di cui avrebbero bisogno circa 600mila persone l’anno in Italia

Riunire chirurghi, infermieri e personale sanitario per una giornata di aggiornamento, formazione e scambio sulla corretta gestione del paziente obeso grave, tramite il ricorso alla chirurgia bariatrica laparoscopica. L’unica soluzione in grado di eliminare l’indice di massa corporea in eccesso, causa di importanti patologie correlate e mortalità.
È l’obiettivo dell’incontro dal titolo “II Live Surgery Workshop – Update in chirurgia bariatrica laparoscopica” promosso dall’Università di Roma Tor Vergata e dalla Fondazione Policlinico Tor Vergata (PTV) oggi a Roma.
Si stima che circa l’1 per cento degli italiani sia colpito da obesità importante. Ma c’è un dato in più: su 6milioni di persone obese in Italia, circa 600mila dovrebbero essere sottoposte a intervento di chirurgia bariatrica. Questo, a fronte di solo 15mila operazioni effettive l’anno.
Una patologia riconosciuta dal Servizio Sanitario Nazionale e misurabile attraverso uno standard internazionale, il BMI, l’indice di massa corporea calcolabile con la formula: peso in kg diviso l’altezza in metri al quadrato. Si può considerare obeso grave un paziente con un BMI superiore a 40 e colpito da patologie associate a carico del cuore, dei grandi vasi e del sistema metabolico (diabete, ipertensione, malattie polmonari, gravi artriti, ecc.), che determinano un aumento importante del rischio di decesso.

«La mortalità legata all’obesità, infatti, resta ancora molto elevata. Studi recenti, hanno mostrato che circa 300mila persone l’anno muoiono negli USA (Paese con un’altissima incidenza di obesi gravi) per complicanze legate all’eccesso di peso – spiega Paolo Gentileschi, Professore Associato di Chirurgia dell’Università di Tor Vergata, Responsabile dell’UO di Chirurgia dell’Obesità del Policlinico di Tor Vergata e Coordinatore Scientifico del Workshop -. Nel nostro Paese i numeri sono decisamente più esigui, ma si tratta di una malattia di difficile gestione e molto diffusa».

In Italia accede all’intervento chirurgico solo una piccola minoranza di chi ne avrebbe realmente bisogno. «Questo a causa, innanzitutto, delle lunghe liste d’attesa – continua Gentileschi –. Si tratta, infatti, di un tipo di chirurgia altamente specializzata, che deve essere svolta in Centri dedicati, pochi in Italia e pochissimi a Roma. Ospedali dove è presente un’equipe multidisciplinare composta da chirurghi, endocrinologi, pneumologi, internisti e psichiatri, e dove vengono svolti in media almeno 100 interventi l’anno. Solo la pratica clinica quotidiana, infatti, può portare ad una elevata specializzazione, necessaria per eseguire l’intervento in totale sicurezza».
Altro tema “caldo” legato alla chirurgia bariatrica, è quello dell’efficientamento dei costi per il Sistema Sanitario Nazionale. Un problema a cui si potrebbe rispondere tramite una drastica riduzione dei tempi di degenza pre e post operatori e con il ricorso alle cosiddette tecniche ERAS, acronimo di Enhanced Recovery After Surgery.

«Per rendere il percorso più snello e arrivare a un reale risparmio per il Sistema, basterebbe innanzitutto eliminare tutta quella serie di esami preoperatori inutili, spesso privi di una reale evidenza scientifica – spiega ancora il Professore -. L’ERAS, invece, prevede delle procedure che assicurano degenze più brevi del 30 per cento, minori complicanze e un rapido ritorno alla vita normale. In questo modo, infatti, è possibile arrivare alle dimissioni del paziente già dopo 24-48 ore dall’intervento. Soluzioni che riducono i costi e che, se applicati su larga scala, potrebbero abbattere drasticamente la spesa globale. Presso, il policlinico Tor Vergata abbiamo avviato la definizione del Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale – PDTA dedicato. Una serie di regole e approcci volti da un lato a garantire alti standard di sicurezza e dall’altro a snellire e modernizzare la gestione della chirurgia dell’obesità».

Ampio spazio, infine, sarà dedicato alla gestione dell’obesità nei giovanissimi – nel nostro paese i bambini in sovrappeso sono il 20,9 per cento e quelli obesi il 9,8 per cento – e negli individui colpiti da patologie psichiatriche. Un problema, quest’ultimo, molto frequente che deve necessariamente essere affrontato prima e dopo l’intervento chirurgico.

«È comune che la persona obesa soffra anche di patologie mentali correlate o meno, come i disturbi depressivi maggiori, del comportamento alimentare, crisi di iperalimentazione emozionale, schizofrenia o disturbi bipolari. Tutte condizioni che possono e devono essere diagnosticate prima dell’intervento e trattate o gestite di conseguenza, grazie alla presenza in equipe di psichiatri dedicati» – conclude Gentileschi.