Una serata speciale in una sede prestigiosa per affrontare temi inconsueti e delicati che non sono ricorrenti come ribadire l’importanza della prevenzione nella vita di ogni giorno, conoscere le cure palliative, valorizzare e capire il compito degli hospice.
La prevenzione e le cure palliative sono i momenti estremi del percorso di cura che comportano scelte consapevoli e scelte coraggiose. In questo percorso, l’obiettivo principale è quello di mettere al centro la persona salvaguardando la sua dignità, nel rispetto della libertà delle scelte.
Il dottor Augusto Caraceni, medico responsabile della Struttura Complessa di Cure palliative, terapia del dolore e riabilitazione della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, sostiene che “terapia del dolore significa sapere che non siamo tenuti a sopportare il dolore, che puo’ essere curato, alleviato e che è un diritto di ogni cittadino senza alcuna distinzione. L’attenzione e il controllo del dolore sono elementi costitutivi della qualità dell’assistenza”.
Per quanto riguarda le cure palliative “non si pongono un obiettivo solo terapeutico ma vedono il bisogno e cercano di dare una risposta, danno ascolto, permettono al malato che non puo’ guarire, di esprimere se stesso, le paure, le angosce come i valori.” continua Caraceni “Propongono un modello di cura dove la relazione tra chi cura e chi è curato, tra chi assiste e chi è assistito, è importante quanto il contenuto tecnico e terapeutico. Il malato, soprattutto se non puo’ guarire, è dipendente in tutto , puo’ avere sostegno dalla famiglia; c’e’ anche chi è solo, ci sono famiglie che non possono, non sanno o non vogliono dare il sostegno necessario a chi affronta una malattia grave. Le équipe di cure palliative hanno una visione olistica delle componenti fisiche, psicologiche, sociali e spirituali dell’assistenza e quindi vengono incontro alla persona malata tenendo conto delle sue relazioni affettive e familiari. Nessun tempo è troppo breve da non poter offrire opportunità di vicinanza, di un gesto o di un sorriso, di quella cura per i dettagli che rende a chi è malato e a chi lo assiste tutta la dignità della persona, perché nessuno si senta abbandonato. L’assistenza di cure palliative puo’ essere adattata al malato nella sua casa, o potrà essere l’hospice quella casa che per diversi motivi non è disponibile”.
Il dottor Roberto Boffi, pneumologo responsabile del Centro antifumo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano sottolinea come “il fumo di tabacco è causa di molti tumori di cui sono affetti i pazienti che devono essere curati con le cure palliative. A causa dell’aumento sensibile dell’abitudine al fumo tra le donne, la mortalità specifica per cancro al polmone ha superato negli Stati Uniti la somma degli altri cosiddetti tumori “big killer”, ossia le neoplasie prostatiche, pancreatiche, mammarie e del colon-retto. Le sigarette sono inoltre capaci di rendere meno efficaci diverse terapie a cui i pazienti oncologici vengono sottoposti, anche nelle fasi terminali della loro malattia, ad esempio quelle antidolorifiche. Forte è il dibattito nella comunità scientifica se consentire ai malati in hospice di fumare o no: alcuni lo consentono all’interno delle strutture per garantire al paziente di vivere la propria vita in tutti i suoi aspetti, altri lo vietano esplicitamente a tutela dal fumo passivo, sia per i familiari sia per gli operatori sanitari”.
Infine, il dottor Giuseppe Biancofiore, direttore sanitario dell’Hospice di Lainate, evidenzia come “le cure palliative rappresentino una sorta di rivoluzione culturale, una risposta al delirio di onnipotenza che ha colpito la medicina nel secolo scorso quando ci si è concentrati solo sulla guarigione dalle malattie perdendo di vista gli insuccessi. Poi ci siamo ricordati di essere uomini, che la morte fa parte della vita, che la medicina, nonostante i continui passi avanti, presenta ancora limiti a causa dei quali non siamo riusciti a guarire da tante malattie. Così ci siamo ricordati della possibilità di curare sempre, anche quando non si può guarire e lo abbiamo fatto sviluppando un ampio armamentario terapeutico, fatto di farmaci, ma anche di relazione, di ascolto, di rispetto, di condivisione.
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